martedì 29 maggio 2007

Sex crimes and the Vatican: un documentario per superficiali e laici mediocri.




Da alcuni giorni circola sulla rete questo documentario con i sottotitoli in italiano.Il documentario, trasmesso dalla BBC, risale all'ottobre 2006 ma, chissà per quale motivo nel nostro paese se ne reclama la pubblicazione solo ora parlando di clamorosa censura!!!!

Sicuramente un video del genere deve far riflettere, soprattutto perché ci fa capire che anche i luoghi sacri non sono immuni da questa grave piaga che è la pedofilia. Alcuni, come al solito, hanno approfittato di questo documentario e, pur di fare demagogia contro il Vaticano, non solo hanno cercato di diffonderlo il più possibile ma hanno addirittura accusato la Chiesa cattolica di promuovere la pedofilia (peccato che non ho mai assistito ad un'omelia in cui il prete divulga ai fedeli le violenze verso i bambini!!!!!!).

Premetto che non sono un vaticanista, che non sono un praticante costante, che ho criticato più volte la chiesa per gli errori storici che tutti conoscono e che, per la pedofilia, auspico le impiccaggioni pubbliche, chiunque ne sia l'autore (dunque non condanno la pedofilia per poi sostenere a tutti i costi l'indulto).

Premesso ciò, vorrei far notare che il documentario in questione presenta una lunga serie di inesattezze. Per non cadere nell'ignoranza e nella superficialità cercherò, attraverso l'aiuto di un articolo di Massimo Introvigne, di rendere noti i falsi che aggrovigliano questo documento fino a renderlo vuoto di contenuti, sperperando quanto di costruttivo avrebbe potuto avere.


I CINQUE PUNTI DEBOLI

Nel 2001 Giovanni Paolo II pubblica la lettera apostolica "Sacramentorum Sanctitatis" attraverso la quale suddivide le competenze della Congregazione della Dottrina della Fede (ex Sant'Uffizio) e degli altri dei tribunali vaticani e diocesiani su diverse e rispettive categorie di reati.

Fatta questa premessa cercherò di sintetizzare i punti di sostanziale debolezza del documentario BBC:

  1. Il 18 maggio 2001, come segretario della Congregazione della Dottrina della Fede, Joseph Ratztinger firma la lettera de Delictis Gravioribus, che costituisce l'applicazione della Sacramentorum Sanctitatis di Giovanni Paolo II. Il documento firmato dall'attuale Papa é dunque un documento esecutivo di quello di Giovanni Paolo II. Esso non è, come si afferma nel documentario sopra, un documento segreto, visto che é stato subito pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Santa Sede e sul sito del Vaticano. Dunque, il documentario parla di documento segreto mentre il documento é palesemente pubblico.
  2. 2. Quando si afferma che i processi di certi tipi di delitti più gravi sono riservati ad uso eslusivo della Congregazionne della fede, la parola esclusivo significa che ne sono esclusi altri tribunali della Santa Sede e non i tribunali dello Stato a cui, secondo il documentario, si vogliono tenere nascosti questi tipi di reati. In merito, é da ricordare che il Vaticano é uno stato sovrano con un suo diritto, con dei propri tribunali e che, nonostante ciò, le due lettere sopra citate, non esludono i tribunali civili e gli Stati dal giudicare i preti colpevoli.
  3. La Crimen Sollicitationis è un'istuzione nata nel 1962 sotto il pontificato di Giovanni XXIII che non ha nulla a che fare con Joseph Ratzinger (allora era professore di teologia in Germania). Dunque, la paternità dell'istruzione non spetta al "cattivo" Ratzinger!! Il documentario vuole far capire, attraverso il paragrafo 78 (l'unico nominato), che l'istruzione Crimen Sollicitationis si occupa solo della pedofilia. In realtà si occupa di altri tipi di reati sessuali dei membri della Santa Sede. In particolare si occupa dei reati che riguardano quei sacerdoti che abusano del sacramento della confessione per avere rapporti sessuali con i fedeli e di pedofilia in senso stretto ne parla solo in mezza riga in cui si citano le relazioni con prepuberi (cum impuberibus).
  4. Clamorosa è poi la menzogna del documentario, quando afferma che la Crimen Sollicitationis aveva lo scopo di coprire gli abusi avvolgendoli in una coltre di segretezza tale per cui “la pena per chi rompe il segreto è la scomunica immediata”. È precisamente il contrario: il paragrafo 16 impone alla vittima degli abusi di “denunciarli entro un mese” sulla base di una normativa che risale del resto al lontano anno 1741. Il paragrafo 17 estende l’obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia “notizia certa” degli abusi. Il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera all’obbligo di denuncia dei paragrafi 16 e 17 “incorre nella scomunica”. Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non li denuncia.
  5. Il documentario confonde maliziosamente, sia a proposito della De delictis gravioribus e sia a riguardo della Crimen Sollicitationis, la segretezza del processo e quella del delitto. Il delitto non è affatto destinato a rimanere segreto, anzi se ne chiede la denuncia sotto pena di scomunica mentre il processo è invece destinato a svolgersi in modo riservato, a salvaguardia di tutte le parti in causa. È questa segretezza del processo che è tutelata con la minaccia di scomunica ai giudici, ai funzionari e allo stesso accusato nei paragrafi 12 e 13 della Crimen sollicitationis (quanto alle vittime ed ai testi, prestano giuramento di segretezza ma si prevede che “non siano sottoposti ad alcuna sanzione” salvo provvedimenti specifici da parte dei giudici nei singoli casi).

Accanto a questi cinque punti deboli che ci permettono di smontare il documentario vanno aggiunti ulteriori fatti.

I paesi nei quali la pedofilia è più diffusa nell'ambito clericale sono l'Irlanda e gli Stati Uniti. In Irlanda dal 1945 al 2004 sono stati 105 i sacerdoti che hanno abusato di minori sotto i 18 anni provocando 400 vittime. Negli Stati Uniti sono stati 4932 i preti accusati di pedofilia. Prendendo in considerazione questi dati allarmanti, sono due gli episodi che riterrei opportuno ricordare a proposito della lotta che l'attuale Papa sta svolgendo contro la piaga della pedofilia:
  • il discorso fatto da Ratzinger nella Via Crucis dell'aprile 2005 (pochi giorni prima di diventare Papa), in cui parla di sporcizia da purificare;
  • l'incontro a Roma con i vescovi irlandesi nel quale, riferendosi ai preti pedofili, parla di"crimini che spezzano il cuore"e di tempo della "purificazione".
Non dimentichiamo neppure che fu proprio l'attuale Papa che nel 2004 ordinò al promotore di giustizia per la congregazione della fede (il maltese Charles J. Scicluna) di ripescare tutti i processi dormienti riguardanti il sesto comandamento affermando che "tutti i processi devono avere un corso regolare", ritenendo non più intoccabili nè i prediletti dell'allora potentissimo cardinale Sodano né alcuni preferiti di Giovanni Paolo II. Ciò ci fa capire come con l'elezione di Ratzinger sia cominciata una fase di "tolleranza zero" nei confronti della pedofilia e dei reati sessuali e si é posto fine a quella fase di "buonismo" che in alcuni casi ha caratterizzato fortemente il Pontificato di Giovanni Paolo II, oggi considerato dai laicisti un "Papa buono". Dunque se qualche colpa la Chiesa ha in merito, certamente non la si deve attribuire al "cattivo" del documentario, Ratzinger, che con la sua proverbiale severità sta cercando di mettere argine a questo terribile fenomeno.

Dunque vorrei concludere facendo una considerazione: la chiesa non mangia i bambini, non diffonde la pedofilia, non professa il male!!!! Essa è una società fatta di uomini (non di santi), che ha carattere assolutamente terreno e dunque, come tutte le società di questo mondo, ha la sua parte sana e la sua parte corrotta. E considero a dir poco grottesche tutte le critiche fatte solo per il gusto di farle, basandole su documentari imprecisi e lacunosi. Senza considerare che, in alcuni casi, chi parla non li ha nemmeno visti e proferisce sentenze basandole sul solo sentito dire, sui clamori della stampa e di certuni politici che non perdono occasione per sviare l'opinione pubblica dai problemi veri e reali del Paese, guidato da persone che riempiono la loro pochezza con questioni surrettizie.

NEL VIDEO: SEX CRIMES AND THE VATICAN.
NELLE IMMAGINI: IL VOLTO INAPPUNTABILE DI JOSEPH RATZINGER PRIMA DELL'ELEZIONE AL PONTIFICATO, STEMMA DI PAPA BENEDETTO XVI.

venerdì 25 maggio 2007

IL MILAN E LA SUA VOCAZIONE: LA COPPA DEI CAMPIONI

La settima Coppa dei Campioni del Milan mi ha ispirato questo nuovo post. Nonostante non sono un tifoso rossonero rendere omaggio a questo grande club italiano mi sembra doveroso. In un periodo dove il calcio italiano sembra sprofondato in un tunnel senza uscita è auspicabile che la vittoria del Milan, dopo la vittoria mondiale della nostra nazionale, sia il tassello iniziale verso la ricostruzione del nostro calcio e magari della nostra società.


UNA BREVE STORIA

La Società Calcio Milan nacque nel 1899 e il suo primo nome fu Cricket and Football Club. Il primo presidente fu Alfred Edwards al quale in seguito si aggiunse Herbert Kilpin al quale spetta la paternità delle strisce rosso nere sulla maglia e del simbolo del diavolo. Sembra che Kiplin a 13 anni prese parte di una fondazione dedicata a Garibaldi le cui divise indossate dai i componenti erano tutte rosse. Dunque, i primi presidenti furono stranieri, quasi a voler presagire il grande prestigio internazionale che la squadra avrebbe avuto poi in futuro.



Per vincere la prima Coppa dei Campioni della sua storia il Milan deve aspettare il 1963. Nella finale di Wembley i rossoneri di Nereo Rocco battono per 2-1 il Benfica di Eusebio grazie ad una doppietta di Altafini. E' il Milan di Trapattoni, Maldini, Rivera. La replica si avrà nel 1969 (4-1 all'Ajax) sempre sotto la guida di Rocco che col suo tipico calcio all'italiana conquista per ben due volte il titolo Oltre a due Coppe dei Campioni i rossoneri vincono, sotto la guida di Rocco, una coppa intercontinentale, due coppe delle coppe, due scudetti, 1 coppa italia. Sono gli anni dei Beatles e dei Rolling Stones, gli anni della guerra in Vietnam, dell'arrivo probabile dell'uomo sulla luna, della rivoluzione culturale del 1968 in tutta Europa,della guerra fredda ma anche gli anni del terrorismo . Ed è appunto sotto questo segno che si concluderà il 1969 con la strage del 12 dicembre a Piazza Fontana. Gli anni '70 e gli anni '80 sono anni in cui la società rossonera cade in un periodo buio e nel 1980, dopo lo scandalo del Totonero, c'è la prima retrocessione in serie B che si ripeterà, ma stavolta per demerito, due anni dopo.

Sono gli anni dei presidenti Felice Colombo, Morazzoni e Farina che presto cederà la società a Silvio Berlusconi (con il quale il Milan fin'ora ha vinto 5 coppe dei campioni) che affida la squadra ad un allenatore pressocchè sconosciuto all'epoca: Arrigo Sacchi. Con lui il Milan diventerà campione d'Europa altre due volte (1989, 1990) vincera' due Coppe Intercontinintali , due supercoppe europee e uno scudetto. E' il Milan dei tre olandesi( Gullit, Rijkaard e Van Basten), di Baresi, di Maldini. La vera novità apportata da Sacchi fu il c.d. gioco a zona, degno delle più spettacolari squadre olandesi. Dalla gestione Sacchi in poi cambierà il modo di vedere il calcio in Italia. Termini come ripartenza, difesa in linea, ultimo uomo, pressing, saranno sempre più presenti non solo negli schiramenti tattici delle nostre squadre ma anche nel linguaggio giornalistico delle cronache sportive. Dopo Sacchi arriva Fabio Capello che vincerà un altra Coppa dei Campioni(1994), una supercoppa europea, quattro supercoppe italiane, quattro scudetti . Carlo Ancelotti è il vincitore delle ultime due coppe dei campioni (2003,2007) oltre a un Campionato italiano, un supercoppa europea, un supercoppa italiana. Dopo le vicende di calciopoli, con il Milan interessato direttamente, nessuno immaginava un Milan vincitore in Europa e lo stesso Ancelotti aveva definito la vittoria un'utopia.

Invece eccocci qua, a festeggiare la settima Coppa dei Campioni del Milan, che ancora una volta ha dimostrato la sua grande caratura internazionale e ha portato l'Italia al primo posto, insieme alla Spagna, come numero di trofei internazionali vinti da squadre di club.

Per concludere, una riflessione mi sorge spontanea su un argomento, quello del cosiddetto "pianeta calcio", di sovente associato, specie negli ultimi mesi, ad una tremenda espressione: calciopoli. Una vicenda che ha riguardato le sfere delle dirigenze societarie, gli ambiti arbitrali e molto di quello che viene considerato "il governo del calcio". Due avvenimenti, da molti ritenuti improbabili nella situazione avversa, hanno però dimostrato la presenza di energie e professionalità capaci di compiere le imprese più incredibili. Hanno portato la Nazionale di calcio alla vittoria del campionato del mondo nel 2006 ed il Milan alla recente conquista del trofeo più prestigioso d'Europa.

Molti hanno spesso fantasticato sulle similutini tra il calcio e la società italiana. Tale pensiero, alla luce dei fatti, non mi sembra del tutto immaginifico e mi porta a riflettere su quello che avviene nel Paese reale. Nonostante la presenza in politica di classi dirigenti vecchie, inopportune ed autoreferenziali, i cittadini italiani conseguono comunque dei buoni risultati, nella creatività, nell'impresa e nei confronti con il mondo. Benchè debbano, oramai da troppi anni, condurre la propria attività con il freno a mano tirato.

Le classi dirigenti dovrebbero essere elementi di traino e di sinergia e non fattori limitanti all'economia, alla cultura, allo sport ed allo sviluppo civile di una Nazione.

NEL VIDEO: ANEDDOTO, RACCONTATO DA GIANNI RIVERA SU NEREO ROCCO.
NELLE FOTO: NEREO ROCCO SORRIDENTE CON DUE TROFEI, ARRIGO SACCHI, DIAGRAMMA SINTETICO DEI TROFEI CONSEGUITI DALL'A.C. MILAN.

lunedì 21 maggio 2007

USA in Iraq: la fine di un impero?





A più di quattro anni di distanza dall'inizio della seconda guerra in Iraq i risultati per gli americani si presentano alquanto magri e deludenti, tanto da causare un crollo di consenso per l'amministrazione Bush e una netta contrarietà alla guerra sia da parte della gente( il 70% della popolazione è contrario) sia da parte del Congresso. E' emblematico il fatto che il Presidente nell'ultimo mese abbia dovuto mettere per ben due volte il veto per non vedersi ridotti i finanziamenti per la missione militare in Iraq. Anche dal punto di vista economico le cose non vanno benissimo visto che si parla di spese che ammontano ad 8 miliardi di dollari al mese spesi per le operazioni militari.

E che dire del sentimento anti americano diffusosi in Medio Oriente tra le masse arabe che, almeno fin'ora, non hanno visto i marines come portatori di benessere e democrazia?

Perché allora gli americani si ostinano a restare in Iraq nonostante tutto ciò e nonostante nè sono state trovate armi di distruzione di massa e nè sia stato provato nessun chiaro legame tra Saddam Hussein e il terrorismo? La difesa degli interessi economici nell'area del medioriente è sicuramente il motivo più chiaro e più visibile per la permanenza delle truppe americane in Iraq ed un eventuale ritiro non permetterebbe un controllo diretto sulle risorse irachene.

La presenza americana in Iraq è, a mio parere, la logica continuazione del disegno che gli USA iniziarono nel 1945 quando il presidente Roosvelt siglò un accordo con il Re saudita Abd al-Aziz Ibn Saud che garantiva la difesa americana del Re contro nemici interni ed esterni. La creazione dello stato di Israele in Palestina nel 1948 fu un altro pezzo di questo disegno. Più tardi, in conseguenza all'invasione sovietica dell'Afghanistan, nacque la c.d. dottrina Carter. Ma aldilà delle ragioni economiche ci sono da considerare almeno altri due aspetti, dei quali il primo è la sempre più grande esigenza di sicurezza interna ed internazionale maturata dopo l'11 settembre ed il secondo è costituito dal tentativo degli USA di ristabilire un nuovo equilibrio mondiale, volendo dimostrare una chiara leadership anche in Medio Oriente.

L' Europa che avanza (seppurre a rilento), la crescita economica della Cina che non si arresta, il tentativo di rinascita della Russia di Putin e la stessa crisi economica interna agli USA, sono congiunture che mettono fretta nell'accaparrare risorse, portando gli Stati Uniti a continuare una guerra, probabilmente persa in partenza. Dal punto di vista strategico, valeva la pena rovesciare il regime di Saddam Hussein così drasticamente?

A mio parere, la condanna a morte dello stesso ha fatto crescere non solo il sentimento anti americano (specie nei sunniti), ma ha creato anche un vuoto politico ed una confusione tale che non erano nemmeno immaginabili, nel seppure discutibile, regime del rais. Una così grande destabilizzazione dell'area come verrà riequilibrata? E quali strategie adotteranno gli americani dopo Bush?

Sotto questi interrogativi mi nasce un dubbio: siamo forse all'inizio della fine di un impero? Vorrei chiudere sottilineando l'aspetto umanitario e ricordando che hanno perso la vita in questa triste guerra non solo migliaia di soldati, sia della coalizione chee iracheni, ma anche e sopruttutto donne e bambini (le cifre parlano di 600.000 bambini sotto i 5 anni morti).

Nel video: prime fasi di attacco della seconda guerra del golfo.
Nelle foto: militare statunitense durante le operazioni sul campo nel deserto iracheno, cartina rappresentante la disposizione geografica dei giacimenti di idrocarburi e degli oleodotti
in Iraq.